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  • 17 MARZO 2018

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  The Pink Wall

La gestione di una band
Organizzare, ispirare, divertirsi
di Sandro Benetti
per commenti scrivete a
info@thepinkwall.it

PRIMA PUNTATA

Alla parola “musicista” vengono spesso associate immagini molto distanti dalla realtà. Vengono alla mente gli esponenti di spicco di questa categoria, quelli che hanno raggiunto il successo, il quale, nei casi più eclatanti, ha contribuito a cristallizzare per loro un nome riassuntivo di un personaggio, uno stile, una storia. Questo succede sia nell’immaginazione di chi la musica la segue con passione, sia in quella chi l’ascolta per caso, alla radio, mentre va al lavoro o sbriga le proprie faccende quotidiane senza dare troppo peso al sottofondo.
È chiaro, molto spesso sono i musicisti stessi – o il loro entourage – a creare “il mito”, perché l’attività musicale, in particolare a quella dal vivo, è strettamente legata alla performance, alla teatralizzazione della musica. L’industria musicale esercita pressioni affinché l’artista spettacolarizzi se stesso e, di conseguenza, attui strategie di seduzione nei confronti del pubblico che, almeno in teoria, dovrebbero incidere sulle vendite.
Per chi si trova dall’altra parte del palco, invece, la parola “musicista” richiama alla mente ore di prove, solitarie o in gruppo, i pomeriggi – o spesso le nottate, perché in pochi hanno la fortuna di potersi dedicare totalmente al proprio progetto musicale – a cercare i luoghi in cui potrà esibirsi, le innumerevoli telefonate ai gestori, agli organizzatori, ai tecnici dei service, i faldoni ripieni di fogli con cui la burocrazia regolamenta l’attività del musicista, i chilometri macinati e, non ultimi, i chili della strumentazione da caricare e scaricare.
La fatica, che si intreccia con il piacere che un musicista prova nel fare per professione ciò che più gli piace nella vita, può rendersi molto più evidente in quei gruppi medio-piccoli che non possono permettersi un agente, un tour manager, un roadie, un service, ma che soprattutto devono far coincidere nel tempo e nelle energie un hobby che impegna come un lavoro con un mestiere che permette loro di sostentarsi (e spesso di mantenere anche la loro passione).
Questo testo è indirizzato proprio a coloro che fanno parte di questa categoria di musicisti, sia a quelli che stanno muovendo i primi passi nel mondo della musica live, sia a quelli che da tempo si destreggiano tra date, prove e sound-check, ma che spesso hanno avuto difficoltà a tenere insieme i loro componenti o a sentirsi davvero parte del loro progetto.
Vi sottopongo a puntate un piccolo compendio di consigli sostenuti dalla mia esperienza diretta.
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La gestione di una band - Organizzare, ispirare, divertirsi
di Sandro Benetti


Premessa
Ho cominciato a suonare e far parte di gruppi musicali da quando avevo quattordici anni, all’inizio in alcune realtà di tipo parrocchiale. Il mio primo gruppo era composto da più di trenta persone e ci esibivamo in teatri e luoghi della provincia quasi tutti i fine settimana. Da allora ho sempre continuato a suonare in tante realtà e vissuto tantissime esperienze. Essere membro di un gruppo musicale è stupendo, ho imparato che ogni componente è diverso, ha una propria storia in cui però il bisogno di indipendenza, e allo stesso tempo di appartenenza e di collaborazione, ha quasi sempre la precedenza sull’ego. Le band di cui ho fatto parte mi hanno fatto crescere e reso consapevole delle mie capacità di inserirmi in un gruppo in cui ogni componente è una ricchezza notevole. È bello notare che più nel gruppo si sta bene con gli altri, più il nostro ego esasperato si ritira.
In questa pubblicazione spiegherò l’importanza di avere una buona guida in un gruppo musicale partendo dalla mia esperienza personale, dopo gli anni trascorsi tra realtà musicali cittadine, con un occhio di riguardo al senso etico e al nostro interiore.
Molte volte si affianca la parola “leader” a quella di “capo”, “direttore”, “dirigente”, “presidente”… Ho preferito usare la parola “guida” al posto di “leader” perché penso vada a centrare meglio il punto. Nella realtà musicale il leader è un musicista che ha anche altre mansioni, mi riferisco quindi alla figura di guida intesa come punto di riferimento, coordinatore, persona che accompagna il gruppo in una crescita tangibile. All’interno non mancheranno alcuni suggerimenti concreti. Buona lettura.

 
INTRODUZIONE
 
Il mondo continua a cambiare, si evolve, i modelli di riferimento non sono più certi, è un momento caratterizzato da nuove sfide e opportunità. La figura della guida è diventata un bisogno per ogni gruppo, per ogni associazione, anche nell’ambiente musicale, “guida” intesa come ricercatore di capitale vero, sito in ogni singolo componente del gruppo. Guida versatile, tesa a far crescere il gruppo e modello da seguire, la quale con il suo esempio indica la strada, rendendo il gruppo più flessibile e alla continua ricerca di nuove abilità.
Quando cominciai gli studi di musica nella mia città c’erano solo due possibilità, il Conservatorio oppure la “Libera Scuola Ceciliana” ente supportato dalla curia vescovile cittadina dove insegnavano pianoforte, organo e canto. A queste due istituzioni si aggiungeva qualche insegnante che offriva lezioni private, ma niente di più. Le scuole avevano inflessibilmente approcci classici, con tanta teoria iniziale dove lo strumento si toccava poco. Dopo i primi mesi di poca pratica e soprattutto di molte scale e nozioni tecniche, si decideva se tener duro oppure lasciarsi prendere dallo sconforto e abbandonare. I componenti dei gruppi musicali che si riunivano e si aggregavano spesso erano autodidatti; sì e no avevano preso qualche lezione privatamente oppure avevano imparato gli accordi attraverso i canzonieri da oratorio o simili. Per studiare un brano, a parte i canzonieri di ogni genere, non c’erano spartiti, si usava andare a orecchio ascoltando e riascoltando il disco o le audiocassette o altri mezzi di fortuna, trascrivendo le note e gli accordi su un foglio di carta che poi si confrontava con il resto della band migliorandolo con qualche trucchetto. I mezzi ora sono cambiati: su Internet ora si possono trovare, spartiti, testi, tabulati degli accordi, linee melodiche della voce. Si può addirittura ascoltare il brano da studiare a velocità molto minore mantenendo la tonalità originale con software che si possono reperire rapidamente su Internet ed estrapolare gli accordi le note degli assoli in modo esatto. A differenza di anni fa, il numero dei gruppi musicali è aumentato tantissimo e anche la tecnica degli stessi musicisti si è molto sviluppata. Le scuole di musica presenti sul territorio si sono incrementate e c’è l’imbarazzo della scelta su quale scegliere tra loro e a quale strumento musicale indirizzarsi. I musicisti di ora nascono con il computer sotto il letto e il telefonino in tasca, ovvero con un accesso alla conoscenza più immediata. Anche i loro valori sono diversi. Viviamo sempre più circondati da gente litigiosa e insoddisfatta, e la competitività è aumentata notevolmente. I gruppi musicali si stanno abituando all’idea che per ottenere qualcosa e avere la possibilità di suonare davanti a un pubblico, magari anche per uno scopo monetario, devono sgomitare. Il pensare unicamente a un compenso economico porta ad atteggiamenti negativi e al non riconoscere negli altri la tua stessa passione. Significa perdere l’occasione di valorizzare gli altri, privando loro e noi, che siamo gente appassionata di musica e facciamo qualcosa che amiamo e non solo per fama, potere, gloria momentanea e godimenti fini a se stesso, della nostra stessa passione.
Dividerei i gruppi musicali amatoriali in due tipologie amatoriali giovani e semiprofessionisti/professionisti. I primi vengono catturati dai sogni di Rock n’ Roll, pensano che con la musica ci sia un domani,  obbiettivo non sempre raggiungibile, suonano in locali con un impiantino di amplificazione proprio, gratuitamente o per un semplice rimborso oppure accontentandosi di una pizza e una bevanda, e sono spesso composti da ragazzi preparati musicalmente, giovani che sperano di conquistarsi il loro momento di gloria. I secondi sono gruppi con più esperienza, una struttura già solida alle spalle, pronti per situazioni più esigenti. Per sostenere la competizione tra i vari gruppi della prima categoria che si presentano in locali, bar, birrerie, cioè in situazioni che permettono l’affluenza di poche decine di persone, non serve affinare particolari strategie di approccio con i gestori e organizzatori, basta, in linea di massima, abbassare il costo richiesto per l’esibizione.
Quando si hanno progetti che valgono di più e che richiedono palchi più impegnativi, si vanno a fronteggiare problematiche diverse. Si deve valutare un’impostazione che pensi a un gruppo come fosse un’azienda, con organico strutturato. E su questo punto si rende necessaria l’importanza di poter stare assieme con obiettivi ben precisi, rimuovere attriti e tutte quelle barriere che possono danneggiare l’armonia della formazione. Non si possono ridurre più di tanto i costi delle risorse umane, quindi bisogna intervenire sull’innovazione e sull’etica di un gruppo inteso come investimento che lo solidificherà, permettendogli di durare molto più a lungo. Il comportarsi eticamente dà un ritorno di immagine positivo di prestigio e fiducia.
Oggi essere un gruppo musicale richiede il continuo confronto con un mondo burocratico in genere ostile: si deve per forza adeguare alle norme e sapersi muoversi anche in un contesto prettamente organizzativo, altrimenti diventa obsoleto e muore. Ecco l’importanza di trovare una guida che possieda qualità adeguate.


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